Quando realizzò di essere ammalato di Aids, Derek Jarman volle testimoniare sì la sua gioia di vivere ma anche le incredibili situazioni repressive e di malessere che lo avevano costretto – lui come tutta una generazione gay – a vivere la propria condizione quasi fosse un crimine, nascondendosi di continuo, sempre marchiati e giudicati in modo sprezzante dall’etero perbenismo dominante. Lo fa intrecciando in un arazzo stupefacente, e per certi versi delicatissimo, poesie, testimonianze di prima mano, aneddoti di vita vissuta, articoli ripresi dai maggiori giornali dell’epoca. In un libro che alla fine è potente, drammatico, rivelatore ma anche percorso da un incredibile anelito di libertà, di gioia e tanto bisogno di amore. Trent’anni fa, nel pieno della peste Aids, dire di essere gay era un atto veramente rivoluzionario. Forse oggi risulta difficile capire quanto sia stato radicale e importante questo libro. Certo, finalmente sono stati ottenuti dei progressi in Occidente, ma ancora oggi in un modo o nell’altro l’amore omosessuale è criminalizzato in quasi settanta paesi, e addirittura in dieci nazioni si può essere condannati a morte per omosessualità. Nel raccontarci la condizione vissuta dagli omosessuali tra gli anni quaranta e gli anni novanta, questo libro costringe a confrontarci con un clima culturale assolutamente drammatico. Purtroppo la storia non è lineare, e talvolta è destinata a ripetersi. E questo libro, pur nella sua delicatezza poetica, rappresenta uno straordinario monito. “I primi venticinque anni della mia vita li ho vissuti come fossi un criminale. I successivi venticinque li ho spesi come un cittadino di serie B, privato di ogni diritto umano. Senza il diritto di adottare dei bambini – e addirittura se avessi dei figli potrei essere dichiarato un genitore inadatto; illegale nell’esercito; nessun diritto di accesso a una persona cara; nessun diritto all’affetto in pubblico; nessun diritto a una istruzione imparziale; nessun diritto per la mia relazione sentimentale e nessun diritto di sposarmi. Queste restrizioni mi hanno sottilmente privato della mia libertà. Sembrava impossibile che potesse essere diversamente, e così l’abbiamo accettato tutti.” “Questa sera sono stanco. Ho la vista offuscata, il mio dorso si curva per il peso della giornata ma – amici omosessuali – permettetemi di congedarmi da voi cantando. Ho dovuto scrivere di un periodo triste come testimone e non certo per spegnere i vostri sorrisi. Vi prego, leggete gli affanni del mondo che ho fissato su queste pagine; poi, riponete questo libro e amate. Possiate, voi che vivrete in un futuro migliore, amare senza soffrire e ricordare che anche noi amammo. Mentre calavano le tenebre, comparivano le stelle. Sono innamorato.” (Fonte IBS.it)
è un Copywriter, Direttore creativo, scrittore italiano, socio della start-up Postobello